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niente. Ecco il motivo della guerra - disse un altro.
- Eh, altro che non capisce. Ci fa i quattrini. -
- Molti non li fanno nemmeno - disse Passini. - Sono troppo scemi. Lo
fanno per niente, solo per stupidità. -
- Adesso basta - disse Manera. - Anche per il nostro tenente parliamo
troppo. -
- A lui piace - disse Passini. - E lo convinceremo. -
- Ma adesso basta - disse Manera.
- Non si mangia ancora, Tenente? - domandò Gavuzzi.
- Vado a vedere - dissi. Gordini si alzò e mi accompagnò fuori.
- Posso far qualche cosa, Tenente? Posso aiutarla in qualche maniera? -
Era il più pacifico dei quattro.
- Vieni con me se vuoi, vedremo. -
Fuori era buio, e i riflettori scorrevano sulle montagne. Ce n'era di molto
grossi da quella parte del fronte, montati su camion e qualche volta li
incontravamo di notte, su una strada del fronte, il camion fermo sul
margine della strada e il riflettore che si accendeva improvvisamente
spaventando tutti. Traversata la fornace, entrammo dal maggiore medico.
Sulla porta stava un leggero riparo di fronde e la brezza, nella penombra,
agitava le foglie risecchite dal sole. Dentro era accesa una lampada. Il
maggiore seduto su di una cassa parlava al telefono. Uno dei capitani mi
annunciò che l'attacco era rinviato di un'ora e mi offrì del cognac.
Guardavo i tavoli operatori, i ferri che brillavano nella luce, le bacinelle e
le bottiglie già pronte. Gordini era dietro di me. Il maggiore lasciò il
telefono.
- Ci siamo - disse. - Hanno ristabilito l'orario di prima. -
Guardai nell'oscurità rotta dai riflettori austriaci che percorrevano le
montagne dietro noi. Ci fu ancora un momento di calma, poi i cannoni alle
nostre spalle iniziarono insieme il bombardamento.
- Savoia! - esclamò il maggiore.
- E il rancio, Maggiore? - gli dissi. Non sentiva. Ritentai la domanda.
- Non è arrivato - rispose.
Sentimmo fischiare un grosso proiettile che scoppiò appena fuori, nella
fornace. Ne arrivò un altro e, nel fracasso, si distinse il rumore più lieve
dei mattoni sbriciolati, la loro breve pioggia.
- Si può aver qualche cosa da mangiare? -
- C'è un po' di pasta asciutta - disse il maggiore.
- Prenderò quel che mi può dare. -
Parlò all'ordinanza, che dopo esser scomparsa nel fondo tornò con una
catinella di maccheroni freddi. Li passai a Gordini.
- Non c'è un poco di formaggio? -
Senza entusiasmo, il maggiore tornò a rivolgersi all'ordinanza, di nuovo
questa scomparve e riemerse con un quarto di forma di formaggio.
- La ringrazio molto - dissi.
- Ma farebbe meglio a non uscire. -
Fuori, di fianco all'entrata, misero giù qualche cosa. Si affacciò un soldato.
- Forza, portalo dentro - disse il maggiore. - Che idea avete? Che veniamo
noi a prenderlo? -
Erano due, entrarono col loro peso. Uno reggeva il ferito sotto le ascelle e
l'altro per le gambe.
- Apritegli la giubba - disse il maggiore. Prese la grande pinza che,
all'estremità, aveva un batuffolo di garza. I due capitani si misero in
maniche di camicia. - Potete andare - disse il maggiore ai portatori.
- Vieni - dissi a Gordini.
- Fareste meglio ad aspettare la fine del bombardamento - insistette il
maggiore senza voltarsi.
- I miei uomini hanno fame - , risposi.
- Come crede. -
Attraversammo di corsa la fornace. Un proiettile esplose vicino all'argine,
avvertimmo il secondo solo un momento prima dello scoppio, ci buttammo
a terra e insieme alla vampata e al risucchio e all'odore dell'esplosione
sentimmo la canzoncina delle schegge e il crepitio dei mattoni che
ricadevano in briciole. Gordini si rialzò per primo e corse al ricovero.
Corsi dietro lui reggendo il formaggio, la cui tenera crosta si era tutta
insudiciata di polvere di mattone. Dentro al ricovero i tre fumavano, la
schiena appoggiata al muro.
- Eccoci qua patrioti - dissi.
- E le macchine come stanno? -
- Benissimo. -
- Le han fatto prendere un po' di paura, Tenente? -
- Dio mi maledica se non hai ragione - risposi.
Presi il temperino, lo aprii, pulii bene la lama e raschiai via dal formaggio
il sudiciume. Gavuzzi mi porse i maccheroni.
- Cominci lei, Tenente. -
- No - dissi. - Mettili per terra, mangeremo tutti insieme. -
- Non abbiamo forchette. -
- Andate all'inferno - esclamai in inglese.
Tagliai il formaggio a pezzi e li misi sui maccheroni.
- Sedetevi qua vicino - dissi. Sedettero e aspettarono che mi servissi.
Cacciai le dita nei maccheroni, mi imboccai con cura ma la maggior parte
scappavano.
- Deve sollevarli di più, Tenente. -
Li sollevai per tutta la lunghezza del braccio e andò meglio. Li calai in
bocca aspirandoli e masticandoli, senza lasciarne l'estremità con le dita;
presi un pezzo di formaggio, lo mangiai, e bevvi un sorso di vino. Sapeva
di ruggine. Allungai la borraccia a Passini.
- Che porcheria - disse. - E' stato troppo nella borraccia. L'ho portato in
viaggio con me, in ambulanza. -
Tutti mangiavano. Abbassavano il mento sulla catinella, ripiegavano la
testa all'indietro e aspiravano i maccheroni. Ne presi un'altra boccata
anch'io e poi un po' di formaggio, un altro sorso di vino. Fuori arrivò un
colpo che fece tremare il terreno.
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